Hello drunk… su questo libro ho pareri molto contrastanti, da un lato l’ho trovato romantico (ma di un romanticismo diverso, arcano, delicato, originale, affascinante), dall’altro… mi ha delusa
Scheda Tecnica

- Titolo: Una sirena a Parigi
- Autore: Mathias Malzieu
- Traduttore: Cinzia Poli
- Editore: Feltrinelli
- Data pubblicazione: 16 luglio 2020
- Copertina flessibile: 192 pagine
- Genere: Narrativa contemporanea, fantasy
- Cartaceo: 11,11 euro
- Ebook: 9,99 euro
Trama
Una pioggia ininterrotta si abbatte su Parigi. La Senna è in piena, un’atmosfera apocalittica e surreale avvolge la città. I dispersi sono sempre più numerosi e il fiume trascina oggetti di ogni tipo. D’un tratto un canto ammaliante e misterioso attira l’attenzione di Gaspard Snow che, incredulo, sotto un ponte scopre il corpo ferito e quasi esanime di una sirena. Decide di portarla a casa per prendersene cura e guarirla, ma ben presto tutto si rivela più complicato di quanto non sembri. La creatura gli spiega che chiunque ascolti la sua voce si innamora di lei perdutamente fino a morire, e nemmeno chi, come Gaspard, si crede immune all’amore può sfuggire. Inoltre, come può un essere marino vivere a lungo lontano dall’oceano? Gaspard non si dà per vinto e trova nell’ingegno, nell’estro e nel potere dell’immaginazione gli strumenti per affrontare questa mirabile avventura e difendere un altro grande sogno: salvare il Flowerburger, il suo locale a bordo di una chiatta, un regno di musica, arte e libera espressione.
Recensione
Forse mi ha delusa perché avevo altissime aspettative, perché dopo il trailer del film (che non ho ancora guardato) mi aspettavo non so cosa… e poi l’idea di una sirena nel cuore di Parigi mi entusiasmava un sacco, mi aspettavo di vedere Parigi, i fondali oceanici e quelli della senna e invece… sono rimasta chiusa in un acquario. Lo stile di scrittura non mi è dispiaciuto, ricco di bellissime descrizioni:
Parigi si inargentava sotto una pioggerella di mercurio. Ai lati dei ponti si formavano lagune grigie. Le strade svanivano ai confini di un nuovo mondo. Le righe della segnaletica sprofondavano negli abissi. I semafori si trasformavano in periscopi che passavano silenziosi dal verde al rosso. Una famiglia di anatre passeggiava contromano.
E frasi ad effetto:
Gli dei stavano rigirando Parigi come una palla di vetro con la neve.
Il punto è che, per quanto ben fatte, le descrizioni sono decisamente troppe e la storia poca, svanisce dietro frammenti di poesia che, a conti fatti, non ci dicono nulla. La vicenda vera e propria ha lo spazio di un battito di ciglia, la narrazione è caotica e l’inizio noioso non aiuta molto.
E se avesse avuto ragione Camille? E se mollasse gli ormeggi? Ricominciare tutto. Reinventarsi una vita, altrove. Diventare qualcun altro. Bruciare il passato. Imparare un’altra lingua, dimenticare. Dimenticarsi. Far esplodere la banchisa! Lasciar ricrescere tutto in sé stesso, riaprire il campo delle possibilità, coltivarlo! Lanciare una manciata di semi di un altro sé fra le nuvole. Seminare! Seminare! Seminare! Sparire. Cambiare nome. Partire per un altro giro (di giostra), e non fermarsi mai!
Questi sprazzi di colore sono la motivazione che spinge il lettore ad andare avanti ma, onestamente, è un po’ debole come presa. Sono come perle gettate sull’asfalto, in aggiunta i verbi a volte fanno un po’ a pugni, la lettura non scivola come dovrebbe.
Parigi si era addormentata senza struccarsi. Le restava qualche stella in cima ai rami. Nella testa di Gaspard invece nevicava. Passeggiavano idee più scure della notte. Lui, il vecchio bambino con la barba e il cuore al posto del cervello. Dove si sarebbe nascosto se avessero venduto il Flowerburger?
A tratti lo stile dell’autore mi ha ricordato “Due sirene in un bicchiere” ma qui manca quello studio, quell’approfondimento, quella partecipazione che invece troviamo nella Brunini.
La gioia che invase Gaspard gli faceva tornare in mente certi ricordi e al tempo stesso glieli faceva dimenticare. La gioia che invase Lula era un sentimento nuovo. Una gioia da prima volta. Lei, l’adolescente di ottomila anni.
“Una sirena a Parigi” è una specie di fiaba moderna, della fiaba infatti ha tutto, in senso positivo e non, come nella fiaba i personaggi non sono per niente approfonditi, non c’è molta analisi, conosciamo il minimo indispensabile, e così anche delle ambientazioni, di Parigi non vediamo altro che qualche luce e l’acqua della Senna. È quasi come se l’autore avesse buttato su un foglio delle idee, di fretta, senza rileggerle.
Era come un’italiana in vacanza a Parigi, che l’amante invita in un ristorante italiano. Nel menu, spaghetti alla bolognese: il fatto è che in Italia quel piatto non esiste.
Ci sono un paio di colpi di scena niente male ma, nonostante ciò, a me non ha convinto. Peccato perché aveva le carte in regola per diventare un gran bel libro ma…
Al prossimo boccale di lettere! Vostra Raffaella Iannece Bonora!