Recensione – I vestiti che non metti più – Luca Murano

Non so perché scrivo queste cose: forse perché, al giro di boa dei quarant’anni, sto iniziando a mettere tutto in discussione. Ho fatto qualche scelta sbagliata? Chi sono veramente? Che cosa ho fatto finora d’importante? Come sarà il futuro? Sul serio devo imparare a fare le stories su Instagram? In quale direzione orientare il tempo che mi resta da vivere?

Scheda Tecnica

  • Titolo: i vestiti che non metti più
  • Autore: Luca Murano
  • Editore: ‎Dialoghi
  • Collana: Intrecci
  • Data pubblicazione: 1 settembre 2021
  • Genere: Raccolta di racconti
  • Copertina flessibile: ‎130 pagine
  • Cartaceo: 13,30 euro

Trama

Chi siamo quando nessuno ci osserva? Possiamo davvero sentirci al sicuro? È realmente plausibile, in tali circostanze, riuscire a indossare e sfoggiare la parte più limpida di noi stessi? I protagonisti dei racconti che compongono la presente silloge prendono vita tra le pagine col desiderio di rispondere a queste domande, compiendo azioni apparentemente insignificanti e che invece restituiscono alle storie autenticità e tutta la grazia che può nascondersi dietro le banalità, le paure, le sofferenze e le speranze di cui sono intrinseche le loro esistenze. Una raccolta di outfit dimenticabili, ma di reazioni e gesti indimenticabili perché radicati in profondità in ognuno di noi. Uomini e donne sull’orlo della perdizione, studenti squattrinati, scrittori precari, giocatori d’azzardo, genitori sciagurati e figli egoisti che, con ironia e disincanto, scavano a fondo nella loro interiorità solo per scoprirsi vulnerabili, fallibili e, proprio per questo, umani.

Biografia

Luca Murano è nato nel 1980 a Sant’Angelo Lodigiano (LO). Dal 2009 vive in Toscana, dove si occupa di logistica. Oltre a curare Vai Come Sai, il suo blog di scrittura, negli anni ha pubblicato diversi racconti su riviste letterarie indipendenti. Nel 2018 ha esordito nel mondo dell’editoria con Pasta fatta in casa. Sfoglie di racconti tirate a mano.

Recensione

Da quanto tempo non parlavo di una piccola raccolta di racconti? Sembrano secoli, ed è per questo che vi presento I vestiti che non metti più di Luca Murano. Detta così, sembrerebbe un tutorial su come fare decluttering di cose che non usi più… in verità, non andiamo molto lontano… Cappellaia Matta mi stai confondendo!!! Ahahah tranquilli fanciulli, tutto sarà più chiaro. Let’s go.

Mi sono svegliato di lì a poco con questa strana sensazione addosso. Mi sono alzato controvoglia per andare a fare colazione, nel tentativo di allontanare quel velo di appiccicosa malinconia. Ho apparecchiato il tavolo come sempre: tovaglietta di plastica, ciotola di latte parzialmente scremato con i cereali, succo d’arancia, mezza banana e una tazza di caffè, rigorosamente senza zucchero. la cosa buffa è che, nonostante la fame, non sono riuscito a toccare nulla. Solo, nella mia testa, la mano di mio nonno che stringeva la mia e tutti quei fiocchi d’avena davanti al mio naso che annaspavano faticosamente in un oceano bianco e infinito.

Proprio come una frase fatta, dell’ennesimo confronto con il proprio io, l’autore cerca di mostrarci quella parte di noi più nascosta, celata da una folta massa di abiti cuciti in base alla società, con usi e costumi atti ad omologare il nostro pensiero. Risultato? La completa confusione del nostro spirito, troppo insicuro da uscire allo scoperto, ma con un pizzico di speranza inespressa.

Narrando storie di ordinaria follia, Luca Murano cerca di raccontare le vite comuni di persone comuni e relativamente controverse. Come ipnotizzati da un canto, sembrano immobili e ammaliati da un susseguirsi di azioni troppo uguali da risultare inutili. Ed ecco quella scossa, un pensiero, una parola, un comune agire che muove l’intera macchina.

Proprio come togliere un vestito dalla propria gruccia, eliminiamo uno strato per capire la vera presenta dal suo vuoto. Un dare e avere che abbiamo perso nel corso del tempo, causato dalla nostra pigrizia e incapacità di uscire il nostro vero io. Molto più facile seguire ogni cosa imposta, che creare la propria strada, no?

«C’è altro? O mi hai portato qui soltanto per farmi sorbire ‘sto pippone?».
«C’è sempre qualcos’altro».
«Okay, qualcosaltrami, allora».

Passando da storie in prima persona, a momenti di confronto con una voce narrante, vi troverete immersi in piccoli sospiri di quotidianità; strani a tratti, palesemente reali da altri. Un susseguirsi di incontri e scontri fatti per lasciare il segno, nel bene e nel male. Risultato? La confusione più totale ad un occhio momentaneo, una mappatura cristallina se letta con dovizia di attenzione.

Arriverete alla conclusione che eliminare, non vuol dire rinunciare a sentirsi parte di qualcosa ma palesemente un punto di partenza per ricercare la giusta immagine di sé. Rimescolare le carte per trovare il jolly perfetto per noi, quell’abito che ci calza a pennello, diverso dal solito ma fatto per essere indossato da noi. Un morbido tessuto che trasmette calore, familiarità e amore… proprio come nei rapporti.

Non si piacevano più di tanto, se è al sesso che state pensando: erano persone profondamente diverse e avevano davvero poche cose in comune. Forse era proprio per questo che riuscivano a tollerarsi così bene.

Un bellissimo spaccato di narrativa contemporanea, sotto forma di brevi pensieri. Molto consigliato a coloro che vogliono fermarsi a pensare, coloro che vogliono sempre evolversi, mutare e perché no, declutterare qualcosa di noi, tra abiti e abitudini. Sicuramente non immediato, ma nasce proprio con l’intento di decantare e per questo che approvo. Consigliato.

Alla prossima dalla vostra CAPPELLAIA MATTA.

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