Recensione – Le piccole libertà – Lorenza Gentile

Salut Etoile, oggi vi parlo di un libro che è entrato di diritto nella rosa dei miei romanzi preferiti: “Le piccole libertà” di Lorenza Gentile. Prima devo raccontarvi come sono venuta in possesso di questo volume… e ci sta, ci sta perché è un episodio che poteva trovarsi all’interno del libro dato il suo stile.
Ero andata a Salerno… dal dentista, ebbene sì! All’ultimo momento, però, ho cambiato idea… Salerno era troppo trafficata, non trovavo parcheggio, il dentista era al settimo piano, l’ascensore era rotto… alla fine ho annullato la visita. Stanca, ho deciso di rilassarmi facendo due passi in centro, era da tanto che non lo facevo, di solito a Salerno vado per impegni vari ma erano anni che non me la godevo davvero. Scorgo la libreria dove, da ragazza, passavo intere giornate, fra libri e dischi… decido di entrare.
L’odore, i colori, la luce… mi sento immediatamente a casa anche se erano anni che non ci mettevo piede e, mentre sto lì lì per comprarmi il libro che i miei followers mi hanno consigliato come regalo di compleanno (che comunque recupererò) su un tavolino, dietro una vetrata illuminata dal sole, questa copertina in tinte pastello mi chiama. È stato amore a prima vista!

Scheda Tecnica

  • Titolo: Le piccole libertà
  • Autore: Lorenza Gentile
  • Editore: ‎Feltrinelli
  • Data pubblicazione: 13 maggio 2021
  • Genere: Narrativa Contemporanea
  • Copertina flessibile: ‎256 pagine
  • Cartaceo: 16,15 euro
  • Ebook: 11,99 euro

Trama

Oliva ha trent’anni, una passione segreta per gli snack orientali e l’abitudine di imitare Rossella O’Hara quando è certa di non essere vista.
Di lei gli altri sanno solo che ha un lavoro precario, abita con i genitori e sta per sposare Bernardo, il sogno di ogni madre. Nessuno immagina che soffra di insonnia e di tachicardia, e che a volte senta dentro un vuoto incolmabile. Fa parte della vita, le assicura la psicologa, e d’altronde la vita è come il mare: basta imparare a tenersi in equilibrio sulla tavola da surf. Ma ecco arrivare l’onda anomala che rischia di travolgerla. Dopo anni di silenzio, la carismatica ed eccentrica zia Vivienne – che le ha trasmesso l’amore per il teatro e la pâtisserie – le invia un biglietto per Parigi, dove la aspetta per questioni urgenti. Oliva decide di partire senza immaginare che Vivienne non si presenterà all’appuntamento e che mettersi sulle sue tracce significherà essere accolta dalla sgangherata comunità bohémienne che fa base in una delle più famose librerie parigine, Shakespeare and Company. Unica regola: aiutare un po’ tra gli scaffali e leggere un libro al giorno. Mentre la zia continua a negarsi, Oliva capisce che può esserci un modo di stare al mondo molto diverso da quello a cui è abituata, più complicato ma anche più semplice, dove è possibile inseguire un sogno o un fenicottero, o bere vino sulla Senna con un clochard filosofo. Dove si abbraccia la vita invece di tenersene a distanza, anche quando fa male. E allora, continuare a cercare l’inafferrabile Vivienne o cedere al proprio senso del dovere e tornare a casa? E soprattutto: restare fedele a ciò che gli altri si aspettano da lei o a se stessa?
Quando tante piccole libertà finiscono per farne una grande, rinunciarci diventa quasi impossibile.

“Ci sono piccole libertà che ci cambiano per sempre. Perché tante piccole libertà ne fanno una grande.”

Biografia

Lorenza Gentile (Milano, 1988) è cresciuta tra Firenze e Milano, è laureata in Arti dello Spettacolo alla Goldsmiths University di Londra e ha frequentato la scuola internazionale di Arti Drammatiche Jacques Lecoq di Parigi. Nel 2011 ha vissuto e lavorato nella celebre libreria parigina Shakespeare and Company, e da quell’esperienza è nata l’ispirazione per questo romanzo.
Ha pubblicato Teo (Einaudi Stile Libero, 2014; premio Edoardo Kihlgren, premio Seminara – Rhegium Julii e premio dei Giovani critici della Literaturhaus di Vienna), tradotto in Germania, Spagna e Corea, La felicità è una storia semplice (Einaudi Stile Libero, 2017) e, per Feltrinelli, Le piccole libertà (2021).

Recensione

Se c’è una cosa che ho capito, è che la probabilità che i sogni si avverino sono quasi nulle. Allora perché correre in contro a una delusione, se lo si può evitare? Hanno ragione i Baci Perugina quando citano Oscar Wilde: “la felicità non è avere tutto ciò che si desidera, ma desiderare quello che si ha”. La felicità è vivere una vita normale.

Mi ha conquistato dalla prima riga, lo stile della Gentile è molto incalzante, rapisce il lettore tanto che diventa difficile posarlo. Se devo trovarci un neo… sta nella scelta delle virgolette. Ebbene sì, lo so che state sorridendo ma io sono precisa. La c.e. ha qui deciso di usare le virgolette alte (“”) per i dialoghi, il che ha creato qualche confusione perché le stesse vengono usate anche per citazioni e compagnia bella, sarebbe stato molto meglio, a mio parere, adoperare le classiche caporali («»). Ma andiamo avanti.

Con la zia, da bambina, potevo fare le cose più pericolose […] Era contro le posate d’argento, lo spreco, le prigioni, i videogiochi, il galateo, gli inglesismi, il matrimonio. E aveva idee su tutto: i viaggi ti dovevano cambiare o era semplice turismo; non bisognava vergognarsi delle mestruazioni; il fallimento era un’opportunità; tutti i nostri mali originavano dalla Rivoluzione industriale. Mi sembrava che ogni suo gesto producesse un’eco, svelasse il mondo, che la realtà fosse lì apposta per farle da cassa di risonanza.

È davvero scritto bene, l’amore per ciò di cui scrive traspare in ogni pagina, si avverte a pelle che nel romanzo ci sono pezzi di lei, sparpagliati in mezzo alla trama, e scrivere di ciò che si conosce meglio è sempre una scelta vincente. In poche pagine subito si familiarizza con personaggi e luoghi, quasi sembra di conoscere da sempre Oliva, una ragazza irrisolta, caotica, un’artista inconsapevole, alla ricerca di una normalità che non la rispecchia, che non la riguarda e che mai potrà renderla felice ma lei, questo, ancora non lo sa.

“Abbiamo fatto un atto artistico”, esclama, quando siamo già in strada. “Quelli come noi mettono in discussione l’esistenza, rendono la vita un’opera d’arte.” Io non capisco cosa intenda, né perché mai abbia detto “quelli come noi”. Anche se mi piacerebbe, la mia vita non è un’opera d’arte, a meno che acquistare alghe e “arachidi ricoperte gusto cocco” al supermarket asiatico non sia un talento.

È un libro molto introspettivo, veloce e lento al tempo stesso, ha un ritmo tutto suo, all’inizio avrete l’impressione di essere caduti nella tana del bianconiglio. Non troverete caterve di dialoghi, ma caterve di riflessioni sì. Tanti pensieri, aneddoti, ricordi, messaggi fra le righe, segnali che comprenderete alla fine, mollichine sparse qui e là che, però, non siamo in grado di scorgere in mezzo alla baraonda parigina nella quale siamo immersi. Altro personaggio enigmatico è Victor, un ragazzo che parla poco ma fa tanto, il pifferaio magico di tutto il romanzo, il nostro eroe silenzioso, con macchie e paure, senza mantello azzurro ma con un basco.

“E quindi hai mollato,” dice.
“Sarebbe stato stupido ostinarsi.”
“Non lo so. Fino a che punto è stupido ostinarsi?”
Rimaniamo in silenzio. Già, fino a che punto?
“Una volta ho cercato il termine sul dizionario,” dice. “L’ostinazione è intesa sia come irrigidimento caparbio, sia come perseveranza in ciò che è bene.”
Il punto è: come si fa a sapere ciò che è bene? Io mi sono fidata di mio padre. I nostri genitori non ne sanno forse più di noi? Ci conoscono meglio di chiunque altro, ci osservano da prima che sapessimo di essere osservati. Dovrebbero avere un’idea più chiara di quali siano le scelte migliori per noi. Vorrei chiedere a Victor se è d’accordo, ma cosa penserebbe? È più giovane di me e sembra molto più maturo, le sue scelte sono sicura che le fa da solo.

Esattamente come in libreria, anche in questo libro mi sono sentita subito a casa: mi sembrava di vedere ogni persona e ogni luogo, ogni personaggio aveva una sua particolarità che lo rendeva unico, inimitabile e facilmente individuabile, cosa importante in un romanzo dove ci sono molti personaggi… un esempio? John, i suoi baffi, i suoi modi burberi, la sua valigia, il suo posto: quasi il protagonista di un quadro di Van Gogh. Oliva, invece, mi ha ricordato molto quei personaggi alla Bridget Jones… tirata a lucido per volere altrui, per non deludere le aspettative dei genitori e del fidanzato, ma segretamente diversa, segretamente a colori vivaci.

Secondo lui, il passaggio più bello del romanzo è quando Miller realizza che non c’è niente da sperare. Per settimane, mesi, anni, per tutta la vita aveva aspettato che succedesse qualcosa, qualcosa che non avesse niente a che fare con lui e che alterasse la sua vita per sempre. È la prima volta che sento pronunciare da qualcun altro un pensiero che conosco così bene. Quante domeniche ho speso ad aspettare, sperare, pregare che il telefono suonasse e che qualcuno, non importa chi, chiamasse con una notizia che mi avrebbe cambiato la vita?

È un libro che parla di libri e che, anche attraverso le pagine di altri grandi autori, ci offre tantissimi spunti di riflessione. Ho sottolineato tante frasi che sentivo risuonare in me anche se, a conti fatti, io e Oliva siamo due persone così tanto diverse, eppure con pensieri simili… del resto credo che esistano pensieri universali che ci riguardano un po’ tutti e che ci fanno sentire meno soli: chi di noi non ha passato un pezzo della propria vita, se non tutta l’esistenza, ad aspettare che accadesse qualcosa di rivoluzionario, senza far nulla di pratico per farlo accadere?

Nel corredo genetico c’è già il nostro destino? Nel grembo di mia madre esistevano già l’azienda di barrette energetiche, le alghe Hot and Spicy, i macaron che avrei creato? Questo viaggio? L’incontro con Julia e Victor? La nostalgia di mio fratello, il maglione di Bernardo carta da zucchero, la scelta di lasciar perdere il teatro? Julia ne era convinta.

 Lo stile della Gentile è così scorrevole che… ho finito il romanzo in pochi giorni (una cosa che non mi capitava da tanto tempo). È un peccato vedere come molti scrivano, magari anche bene, ma senza passione, senza verve. Lorenza invece riesce ad incantare con le parole, l’inchiostro si fa emozione, è frizzante ma non troppo, dolce ma non troppo, profondo ma non troppo, divertente ma non troppo… tutto è ben calibrato, come gli ingredienti di un dolce perfetto.

“Potrebbe sembrare una tragedia ma non lo è. Avere una passione ti fa sentire vivo, ti dà una ragione per stare al mondo, è una risorsa cui puoi attingere sempre. Credimi. È meglio avere una passione e non sentirsi all’altezza, piuttosto che non averne affatto e vivere una vita piatta, banale”

Tutto il romanzo è una sorta di Aspettando Godot in chiave moderna, mi ha davvero aperto la mente, mi ha spinta a riflettere, ad analizzare la mia vita, le mie scelte, mi ha fatto crescere esattamente come è cresciuta Oliva. La Oliva che incontriamo nel primo capitolo non è quella che lasciamo alla fine del libro, anzi, fra le due sembra esserci un oceano. Mi piacciono molto i libri in cui il protagonista cresce, si evolve, cambia, matura, accetta se stesso e questo è proprio quel tipo di romanzo.

Ho un aspetto diverso dal solito. Il trucco mi dà un’aria più riposata, ma gli occhi ora sembrano più luminosi. Riscontro una continuità con quello che sono stata da bambina, trovo che questo volto sia la giusta conseguenza della crescita. In questo senso, mi riconosco di più. Ecco che cosa sarei se non esistessero i tutorial, se il trucco non fosse indispensabile. Ho un’aria più giovane e allo stesso tempo più matura. Mi accarezzo una guancia. Ciao Oliva.

La psicologia di Oliva emerge nitida ma senza forzature, in maniera naturale, come emergono i gusti culinari di un commensale mentre è seduto a tavola con noi. Gli altri personaggi sono più fumosi, del resto l’opera è scritta in prima persona dal punto di vista di Oliva, quindi è giusto che sia così: lei può scandagliare se stessa, ma non tutti quelli che la circondano, dei quali giustamente vediamo ciò che vogliono mostrare ad Oliva e, di rimando, a noi.

Le regole bisogna trasgredirle, se si vuole sviluppare uno stile personale.

Fra queste pagine avviene tutto mentre non avviene nulla ed è questa la magia. Non so come spiegarvelo, è difficile, ma vi assicuro che mentre tutto sta fermo tutto si muove, che sembra un paradosso ma non lo è se pensate che… mentre siete seduti a leggere questa recensione al contempo tutto si sta muovendo, tanto per iniziare il pianeta sul quale vivete. Ecco: lo stesso avviene nel libro. È tutto in evoluzione mentre, però, abbiamo l’impressione di essere immobili, specialmente Oliva continua ad avere la sensazione di essere quasi bloccata … e invece è come una crisalide nel suo guscio, a breve scoprirà cosa tempo e natura hanno creato, modificandola per sempre.

“Quello che voglio dirti,” continua Vivienne, è che abbiamo la possibilità di morire e rinascere in vita, tante volte quante vogliamo. Spesso ci capita di farlo senza neanche accorgercene: un grande dolore ci uccide e quando torniamo a vivere siamo persone diverse. Siamo persone altre, ma se nessuno intorno è disposto ad accettarlo, se nemmeno noi vogliamo questo cambiamento, ecco che lo soffochiamo e teniamo in vita una forma morta di noi. Ognuno di questi passaggi, invece, ognuna di queste rinascite, ci renderebbe più saggi, più umani.”

Avrete notato, leggendo la trama, che il fulcro è la zia Vivienne eppure…giunti quasi alla fine della recensione, io non l’ho mai nominata. Come mai? È sicuramente il personaggio caratterizzato meglio dopo Oliva. Rigo dopo rigo, in maniera del tutto casuale, tramite aneddoti che non sembrano avere logica, frasi che appaiono come bolle di sapone, riusciamo a carpire l’anima di questa donna, una donna davvero unica nel suo genere. Che genere? Questo davvero non posso dirvelo.

Capisco che la felicità non ha a che fare con l’ottenere, ma col perdere.

Se cercate la classica storia d’amore dove c’è un lui che si innamora di una lei… dove ci sono battibecchi continui e qualche scena spicy… questo libro non fa assolutamente per voi. Se invece, come me, cercate un libro che sì, vi faccia sorridere, ma che vi apra anche gli occhi, che vi renda consapevoli, che vi dia modo di analizzarvi, di riscoprirvi, di crescere, che vi faccia venir voglia di partire per Parigi e diventare un Tumbleweed, che vi tenga col fiato sospeso fino alla fine, fino all’ultimo rigo, che vi sorprenda con i suoi colpi di scena, facendovi urlare “ma no! ma come è possibile? Ma come ho fatto a non rendermene conto? Ma non ci credo!”, di un libro scritto davvero bene, che vi spinga ad appuntarvi decine di frasi, a rileggerle e rileggerle ancora… allora, signori e signore, questo è il libro perfetto per voi. E anche se credete che non faccia per voi… in fondo penso che tutti abbiano bisogno di una lettura simile, quindi una sola parola: LEGGETELO.

Ed è giusto essere felici, perché solo così si può essere utili al mondo.

Raffaella Iannece Bonora

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