Recensione – Èdith Piaf e la canzone dell’amore – Michelle Marly

Salut Etoile, mai come oggi questo saluto è così calzante visto che parliamo di Edith Piaf. Andiamo subito al sodo: è un romanzo toccante che però, soprattutto se paragonato al precedente “Mademoiselle Coco e il profumo dell’amore” ho trovato più lento e a tratti noioso, tant’è che ho faticato di più a leggerlo e finirlo. 

Scheda Tecnica

  • Titolo: Èdith Piaf e la canzone dell’amore
  • Autore: Michelle Marly
  • Serie: Famous women
  • Editore: ‎Giunti
  • Data pubblicazione: 25 settembre 2019
  • Genere: Narrativa storica
  • Copertina flessibile: ‎352 pagine
  • Cartaceo: 14,15 euro
  • Ebook: 8,99 euro
  • Kindle Unlimited: disponibile

Trama

Parigi, 1944. Nella capitale appena liberata dall’occupazione tedesca, le strade, i bistrot e i teatri sono animati da un’irrefrenabile voglia di vivere e dimenticare gli orrori della guerra. Con la sua sfrontatezza e il suo straordinario talento, Édith Piaf è ormai una cantante affermata, ma non dimentica gli anni passati a cantare per strada con il padre, un artista girovago prepotente e violento, da cui è fuggita giovanissima per cercare fortuna a Parigi. Qui ha incontrato l’affascinante Raymond Asso, autore di testi musicali, che sedotto dalla vitalità di questa ragazzina ribelle e sboccata, decide di strapparla alla strada e alle cattive compagnie per guidarla verso il successo. Pur non avendo alcuna intenzione di lasciare la moglie, Raymond si prende a cuore il destino dell’amante, insegnandole a parlare e vestire in modo raffinato, e riuscendo a procurarle un ingaggio al prestigioso teatro ABC. Divenuta una celebrità, Edith non si aspetta certo di dover affrontare una nuova minaccia, che potrebbe distruggere per sempre la sua carriera: l’accusa infamante di aver collaborato con i nazisti, e il rischio di non potersi mai più esibire. Mentre cerca disperatamente di dimostrare la sua innocenza, il destino mette sulla sua strada un giovane cantante alle prime armi, Yves Montand, che finirà per travolgerla con la sua passione e i suoi sogni. Sarà lui a ispirarle la canzone che la trasformerà in una leggenda, ‘La vie en rose’, ma Édith sa bene che ogni grande amore porta con sé una lunga scia di lacrime…

Recensione

《Stringendosi nelle spalle, Édith lo lasciò fare. Le sue parole non la toccarono. In genere non le interessava quello che gli altri dicevano di lei. Putain non era nemmeno il peggiore degli insulti. Nel mondo da cui veniva c’erano ben altri nomi per una donna; là nessuno era trattato con i guanti di velluto. Sua madre l’aveva messa al mondo su un pianerottolo nel quartiere operaio di Belleville. Inizialmente aveva vissuto presso la nonna materna, che l’aveva quasi lasciata morire di fame, poi era cresciuta nel bordello di quella paterna, a Roven. E proprio in quel contesto per la prima aveva conosciuto, per così dire, l’amore》

Non ho nulla da dire sulla trama e sui personaggi. Ogni dettaglio è ben costruito, Édith Piaf è tratteggiata sapientemente e così i personaggi che le ruotano intorno. La vicenda è incentrata soprattutto sull’amore fra la grande cantante e l’allora sconosciuto Yves Montand. Mentre in “Coco” la creazione del profumo cammina su un binario parallelo a quello della sua vita privata, qui la “Vie en Rose” è un’ombra, si accenna un paio di volte alla canzone ma in maniera distratta, per poi lasciarla emergere davvero solo nel finale. 

《 “Hai bisogno di un nuovo nome” sentì dire da Raymond senza quasi rendersene conto. La caffeina sembrava non avere un effetto diverso dai fiumi di alcol. Oppure quell’eccesso di vino e cognac si combinava male con il caffè. Édith non lo sapeva. Prima che le palpebre le si chiudessero di colpo e la testa le crollasse in avanti, nel suo cervello la voce di Raymond penetrò come una freccia: “nessuno vorrebbe mai ascoltare un piccolo passerotto cantare all’ABC”. E quello lei lo aveva capito fin dall’inizio! 》

Mi è piaciuta l’idea di mostrare una Édith nel fulgore del suo successo, una Édith pigmalione che, artisticamente, crea Yves Montand, ma… ma a tratti è quasi ripetitivo. Sì, la Piaf ha avuto una vita ricca e tormentata, non aveva un carattere facile, tutto questo emerge, però alcuni capitoli sono pesanti e soprattutto ho avuto l’impressione che sul finale, resasi conto di essere arrivata a più di 300 cartelle, l’autrice abbia accelerato. Avrei preferito qualche capitolo in meno sulla passione con Montand e qualcuno in più sul suo lavoro come artista, su ciò che pensava mentre scriveva, su come poche note canticchiate nella sua mente fossero poi diventate una delle canzoni più famose in Francia e nel mondo. 

《La città ancora non brillava del fulgido splendore di prima della guerra, ma le norme sull’oscuramento erano state ampiamente cancellate. Una luce gialla cadeva sulle strade della capitale, dove non marciavano più gli stivali militari di aggressori o difensori né risuonavano i colpi degli ultimi cecchini, e dove l’odore del sangue e della morte di era dileguato nel vento primaverile.》

I luoghi sono ben descritti anche se, solitamente, le ambientazioni sono tutte interne. Il 90% del libro è ambientato in camere d’albergo o teatri. 

《Molti artisti erano stati vittime delle operazioni di estrazione delle settimane prima. I nuovi signori della Préfecture reagivano in fretta alle segnalazioni di collaborazionismo, presunto o dimostrato che fosse. A quanto pareva nessuno andava a verificare le circostanze, e una semplice accusa era più che sufficiente per essere processati davanti al Comité national d’épuration. 》

L’autrice riesce a introdurci nello spirito di paura e angoscia che regnava in Francia durante la liberazione. Tutti siamo portati a credere che il dopoguerra sia stato un momento storico privo di angherie, di rivalsa dopo le ingiustizie della guerra e invece no: in Francia nacque un comitato apposito per scovare chiunque avesse collaborato o intrattenuto qualsiasi tipo di rapporto con i tedeschi. I colpevoli, reali o presunti, subivano pene severissime e nessuno era incolume, nemmeno i personaggi famosi come Édith. Questo connubio fra biografia e sfondo storico l’ho apprezzato particolarmente.

《Era stupefacente vedere quanto fosse importante per quel giovane grande e grosso la figura materna. Le sue origini erano ben diverse da quanto Édith aveva immaginato. D’altro canto un uomo che aveva ricevuto tanto amore poteva forse anche trasmetterlo con maggiore facilità. L’amore, pensò, è la chiave di volta per tutto, senza amore non si è nulla. […] “di che cosa hai paura? Tu hai bisogno di canzoni che raccontino una storia d’amore. È in linea con la tua personalità di uomo e di cantante. Tu sai amare, ne sonk convinta. E se canti di questo, alla tua maniera, mostrerai ai cantanti sdolcinati che cos’è un vero artista. Questo è il tuo talento […] Fidati di me!”.》

Ho apprezzato molto lo studio psicologico dei personaggi, particolarmente complesso perché non parliamo di figure plasmate dall’autore ma di divi, di grandi divi del passato, realmente esistiti e rispettare la loro reale personalità non è semplice. 

《A Édith piacevano le belle storie sulla carità e soprattutto sull’amore di Teresa del Bambin Gesù che la nonna Léontine Gassion le raccontava. Ma non vedeva la tomba di pietra […] i suoi occhi erano continuamente infiammati e ormai riusciva soltanto a distinguere la luce dal buio. […] Durante il viaggio di ritorno l’anziana donna aveva premuto forte sugli occhi quasi ciechi di Édith un fazzoletto colmo della terra della tomba. […] una settimana dopo […] le tolse la benda, e davanti ai suoi occhi si dispiegò un mondo variegato e pieno di colori. Édith poteva di nuovo vedere.》

Mi sono emozionata tanto scoprendo dettagli dell’infanzia della grande cantante che non conoscevo. Nel libro, infatti, parallela alla storia narrata, corrono dei flash back riportati in corsivo che ci narrano episodi importanti del passato di Édith, utili a comprendere le sue scelte presenti e la sua personalità.  

《 A differenza di quanto era appena capitato a Yves, Édith non conosceva insuccessi. Le sue sconfitte si collocavano piuttosto sul piano delle relazioni umane. […] [Édith] Aveva bisogno della strada. Né il successo né l’amore di un uomo o il denaro potevano sostituire la libertà che provava li dove lei stessa aveva avuto origine. A volte aveva l’impressione di non avere solo bisogno del cielo sopra i vicoli impregnati dall’odore di benzina e del fetore di immondizia, ma anche delle case con le loro infinite storie dietro le facciate. Era come se i muri le parlassero e le raccontassero di struggimenti, passioni e dolori, di tutto ciò da cui distillava le parole delle proprie canzoni […]. Non la disturbava che il cielo si fosse di nuovo coperto. Per lei in quel momento il mondo era immerso in un mare color rosa.》

La Édith che conosciamo non è sola la Diva con la D maiuscola, inarrivabile, intoccabile… ma è soprattutto la donna, con le sue fragilità, insicurezze, consapevole dei propri successi ma, allo stesso tempo, bisognosa di un contatto con le sue modestissime origini. 

《La sua vita era il palcoscenico, al cospetto del sipario chiudeva gli occhi davanti al mondo. Su quel podio la realtà diventava visibile solo quando lei lo concedeva.》

Per concludere, ho trovato questo romanzo molto interessante, “istruttivo” (passatemi il termine), profondo ma, purtroppo, a tratti tedioso, più piatto rispetto a quello su Coco, forse perché al suo interno non ho trovato quel che cercavo: la canzone dell’amore.

@raffaella_iannecebonora_author

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