Recensione – Avevano spento anche la Luna – Ruta Sepetys

Ogni anno nel mondo, il 27 dicembre, si celebra la giornata della memoria ed è proprio in questa occasione che voglio parlarvi di un romanzo che ha rotto il silenzio su uno dei più terribili genocidi della storia. “Avevano spento anche la luna” però non si riferisce al massacro degli ebrei, da cui ha origine la ricorrenza. Ruta Sepetys punta i riflettori su un argomento ugualmente importante ma di cui si parla poco anche sui libri di storia e che invece merita di essere conosciuto e approfondito: le deportazioni dei popoli baltici nei gulag siberiani.

Scheda Tecnica

Trama

Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell’università, è sulla lista nera, insieme alle famiglie di molti altri scrittori, professori, dottori. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all’arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c’è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. E l’unico modo, se c’è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi.

Recensione

“Mi immaginai un tappeto che veniva sollevato e un’enorme scopa sovietica che ci spazzava sotto.”

Scritto per tramandare una testimonianza autentica, “Avevano spento anche la luna” è un romanzo inteso e straziante che con parole semplici racconta la storia di una famiglia di deportati lituani ed esibisce al mondo le esperienze condivise dei sopravvissuti nei campi di lavoro in Siberia, costretti al silenzio per molti anni anche dopo il loro rientro in patria; un’occasione per conoscere e riflettere su una pagina di storia ancora poco nota e, per tanto tempo, ingiustamente censurata.

Spazzati via dal regime sovietico Lituania, Estonia e Lettonia persero un terzo della loro popolazione con oltre venti milioni di vittime innocenti. Un massacro di proporzioni simili a quello tedesco.

Era il 1941 e Lina aveva solo quindici anni quando, in una notte qualsiasi, la polizia sovietica irruppe in casa sua trascinando lei e la sua famiglia in un lungo viaggio senza ritorno. Un incubo che ebbe inizio sui vagoni di convogli per il trasporto di bestiame dove Lina, la mamma e il fratellino furono caricati insieme a centinaia di persone, ammassati come animali in uno spazio lurido dove perfino l’aria era satura e irrespirabile. Quarantadue giorni non bastarono per raggiungere la loro destinazione, molti morirono durante il lungo viaggio tra le steppe russe, sopraffatti dalla fame o uccisi dalla ferocia disumana delle guardie.  Al loro arrivo in Siberia, Lina e i suoi compagni furono costretti a lavorare la terra per un misero tozzo di pane al giorno, sempre più provati dalla fame, dalle fatiche accumulate e ridotti in schiavitù. Sconfitti da situazioni di estrema stanchezza, rassegnati nell’animo e sicuri di non poter tornare a casa, alcuni lituani acconsentirono a firmare una condanna a venticinque anni di lavori forzati. Altri, come Lina, continuarono a non perdere la speranza e la dignità, trovando nei ricordi di casa, nell’attaccamento alla patria e alle proprie tradizioni la forza per andare avanti. Decisa a denunciare gli orrori e le violenze subite, Lina usa il suo talento nel disegno per mettersi in contatto con il padre e mostrare al mondo un segreto terribile condiviso da milioni di persone.

“Era più difficile morire o essere fra i sopravvissuti? Io avevo sedici anni, ero un’orfana in Siberia, ma conoscevo la risposta. Era l’unica cosa di cui non avevo mai dubitato. Volevo vivere… C’erano solo due possibili esiti in Siberia. Il successo significava sopravvivere. Il fallimento significava morire. Io volevo la vita.”

Avevano spento anche la luna” è un libro dal carattere forte, non soltanto per le tematiche affrontate, dall’intrinseco potere evocativo,  ma per la lucidità con la quale vengono riportati gli accadimenti e la somiglianza ad un contesto straordinariamente reale costruito sulla base di innumerevoli viaggi e approfondite ricerche. Molti dei fatti e delle situazioni descritte sono esperienze che l’autrice, nata da una famiglia di rifugiati lituani, ha raccolto dalle testimonianze di parenti e sopravvissuti al disastro. Ciò che salta all’occhio del lettore è infatti la consapevolezza che, benché i protagonisti della storia siano inventati, gli avvenimenti descritti in questo libro non lo sono affatto. Di conseguenza ogni emozione è amplificata e si trascina dietro una serie di riflessioni non indifferenti.

Le sensazioni dei personaggi, messe a fuoco con grande bravura dalla penna dell’autrice, si riversano sullo stato d’animo del lettore che, rapito dalla curiosità degli eventi, ne condivide le ansie, i tormenti e le paure. Non esagero se dico che ho sperato insieme a Lina di vederla ritornare a casa, ho condiviso con lei la trepidazione, lo smarrimento, l’odio per le guardie, i grugniti per  a fame e i brividi di freddo. C’è, però, un’altra cosa che mi lega alla protagonista in maniera speciale, la passione per il disegno e il bisogno di esprimere su carta la verità delle proprie emozioni. Mi sono rivista nei desideri di Lina, nel sogno di frequentare l’università ed eguagliare la bravura dei suoi artisti preferiti. L’ho ammirata disegnare con mezzi di fortuna, lottare per la vita, le ambizioni, il futuro e i sogni che, in una sola notte, le sono stati ingiustamente rubati. Lina mi ha insegnato che non si può fare a meno di sognare, neanche nei momenti più tristi, e che la speranza, a volte, ci salva la vita.

“Mi hanno tolto tutto. Mi hanno lasciato soltanto il buio e il freddo. Ma io voglio vivere. A ogni costo.”

Quello della Sepetys è un libro importante che insegna il valore della libertà e della dignità umana. L’autrice utilizza una prosa semplice con capitoli brevi che facilitano il discorso e spingono il lettore a proseguire, altro motivo per cui consiglierei a tutti di leggerlo, soprattutto agli adolescenti. Raccontato con grande realismo dalla quindicenne Lina, simbolo di giovani vite innocenti, “Avevano spento anche la luna” si rivela un’opera corale attorno alla quale gravitano una serie di personaggi positivi e negativi che impreziosiscono la vicenda e ne aumentano il coinvolgimento. È infatti impressionante come, fin dalla prima pagina, il lettore riesca a immedesimarsi in situazioni tragiche come quelle vissute da Lina e dai suoi compagni di “viaggio”, condizioni in cui, sono sicura, nessuno vorrebbe mai trovarsi.

“Tornammo di corsa nella nostra capanna per cominciare il banchetto. Avevo troppa fame per preoccuparmi del fatto che odiavo le barbabietole. Non mi importava neanche che fossero state trasportate nelle mutande sudate di qualcun altro.”

Questo libro fa apprezzare le piccole cose, da una tavola apparecchiata a un letto caldo su cui potersi stendere. Il ritmo lento della narrazione scandisce le sofferenze di tutti i personaggi mettendo a nudo le loro debolezze, le speranze per il futuro e il desiderio comune di ritornare a casa dai propri cari. Per renderci partecipi delle storie personali dei suoi protagonisti, l’autrice ha instaurato un parallelismo tra il passato e il presente, uno specchio che con duro realismo mette a confronto due realtà antitetiche, i ricordi spensierati di Lina e la cruda realtà della vita nelle baracche. Il racconto svela gli orrori e le violenze subite dai deportati nel loro periodo di prigionia e lo fa mantenendo comunque uno spirito di speranza lasciando, a volte, l’orrore sullo sfondo dove si percepisce anche senza tutti i particolari.

“Piantai un seme d’odio nel mio cuore. Giurai che sarebbe cresciuto fino a diventare un albero imponente, le cui radici li avrebbero strangolati tutti.”

“Avevano spento anche la luna” è un libro che disgusta per la crudeltà dei fatti raccontati, ma che allo stesso tempo trasuda un’amara dolcezza che sfocia nell’altruismo, nell’aiuto vicendevole e nella solidarietà per il prossimo, valori che accendono la speranza e la fiducia nell’animo umano. Ho apprezzato tantissimo i piccoli momenti di condivisione reciproca e il consolidarsi di legami importanti come quello fra Lina ed Andrius, da cui traspare una sincera tenerezza. Ormai avrete capito quanto io abbia amato questo libro a cui credo non manchi veramente nulla per essere catalogato fra i romanzi più belli della mia libreria.

Camminammo mano nella mano, in silenzio. Rallentai il passo. “Andrius, sono… spaventata”. Lui si fermò e si voltò verso di me. “No. Non devi esserlo. Non devi concedergli niente, Lina, nemmeno la tua paura”.

Il finale, devo essere sincera, a molti non è piaciuto. Io comunque non mi trovo d’accordo e il mio parere non può che rimanere positivo per il semplice fatto che questo è un libro che ha tanto da insegnare. Una storia che non finisce sfogliando l’ultima pagina ma che rimane in memoria e lo fa in una maniera tale da avere l’esigenza di parlarne. È proprio questo che dice l’autrice nella nota finale. Evitando i toni da melodramma, la Sepetys esorta a fare delle ricerche sull’argomento, a conoscere la storia e la forza di un popolo che ancora oggi ne porta le ferite. Da leggere assolutamente.

Ilenia Di Dio, lettereecolori

Voto:

Classificazione: 5 su 5.

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